Canossa (Reggio Emilia) Rossena e Rossenella

di Stefano Panizza

Esiste una giornata ideale per visitare un castello? Cioè, è meglio con il sole, la pioggia o… la nebbia. Comunque sia, è proprio in un giorno di fitta e gelida foschia, che nasconde tutto ciò che va oltre i dieci metri di distanza, che sono in visita al castello di Rossena (ci tornerò poi in condizioni meteo decisamente migliori).

Ma, prima di entrarvi, avviciniamoci alla guardiola di Rossenella.

È una slanciata torre di avvistamento per i castelli di Canossa (distante solo due chilometri) e, ovviamente, di Rossena, costruita nel X secolo e che si erge imperiosa su una roccia rossastra di origine vulcanica (da qui il nome).

Si legge che nel 1558 la struttura fu danneggiata a seguito dell’attacco delle truppe del duca Alfonso II d’Este e che in quello stato rimase fino al restauro del 2007.

E si legge pure che venne realizzata allineandola con i quattro punti cardinali. Il che vuol dire che i suoi due lati più lunghi si affacciano a nord e a sud, quelli più corti ad est e ovest. Come mai? Probabilmente per permettere al lato sud, maggiormente esposto al sole sia per la sua estensione che il posizionamento, di beneficare di un maggiore calore nei mesi invernali (si pensi alle vedette in piedi ed esposte ai venti). Lato che mostra a mezza altezza un’apertura affiancata da sue sporgenze fatte a scale.

Sulla parte est, una stretta finestra con vetri permette di cogliere qualcosa della spoglia struttura interna.

In generale, le poche fenditure presenti sono di ridottissime dimensioni per consentire l’osservazione in sicurezza.

Sappiamo che al piano terra era posizionato il magazzino, mentre al primo e secondo piano le abitazioni del comandante e dei soldati. Il terzo, invece, era di solo avvistamento.

Ai piedi dell’accesso, invece, si trova ancora oggi la cisterna per la raccolta delle acque.

 

È possibile muoversi solo in parte attorno alla torre, perché da un lato scende a strapiombo sulla vallata sottostante.

Per chi volesse visitarla, ricordo che occorre lasciare l’auto al cimitero che si trova ai suoi piedi. Da lì, parte un comodo e breve sentiero sterrato che porta direttamente alla cisterna che, come abbiamo appena visto, sta alla base della torre.

Ora, prima di passare alla visita al castello, osserviamo l’immagine seguente. Permette di cogliere nella giusta prospettiva il posizionamento delle due strutture. Sulla sinistra, e in posizione dominante, si coglie infatti il castello di Rossena mentre sulla destra, seminascosta dalla boscaglia, la torre della Rossenella.

 

Ed eccoci, dunque, alla fortezza (perché di questo in realtà si tratta). Una struttura complessa del X secolo, indissolubilmente legata alle vicende di Matilde (a costruirlo fu il bisnonno, conte Adalberto Atto) e non solo. Sì, perché fu anche il “nido d’amore” di Maria Luisa d’Austria, duchessa di Parma, e il conte Neipperg, suo secondo marito (e prima amante, cioè quando Napoleone era ancora in vita). Ma, prima di lei, appartenne a Bonifacio di Canossa, ai Da Correggio e ai Farnese. 

Anche Rossena, ovviamente, prende il nome dal colore della roccia vulcanica, rosso come detto, sulla quale si inerpica.

Se la si osserva esternamente, a colpire è la sua forma irregolare. E, dunque, non è un caso se al suo interno si rischia di perdere l’orientamento. Forse anche i livelli su cui si erge (tre, come le cinte murarie), contribuiscono a questa confusione.

Ad ogni modo, le stanze visitabili non sono tante e pure piuttosto spoglie (ovviamente non è permesso l’accesso a quei passaggi segreti che si dice siano ancora inesplorati).

Però, merita menzione la sala di conservazione del cibo, che custodiva anche il pozzo che due soldati dovevano vegliare giorno e notte, per evitare tentativi di avvelenamento delle acque. E, visti i rigidi inverni, un piccolo camino permetteva loro di godere di un minimo di calore. Insomma, visto che le guardie dovevano passare tutto il tempo in un locale chiuso a fare sostanzialmente nulla, con il rischio di impazzire, almeno che non patissero il freddo.

 

Come in (quasi) tutti i castelli, anche qui ci sono storie sinistre da raccontare.

E ce le ricorda la gentile guida. “Siamo nel Settecento. Il capitano delle guardie, un despota senza cuore, si innamora della bella figlia di una coppia di contadini. Questa non ricambia di certo, visto che il tipo è vecchio, brutto e cattivo. Ma di quello che pensa la ragazza, al militare interessa poco. Così fa rapire il padre, minacciando per lui un futuro disgraziato, se lei non acconsente a sposarlo. Così, rassegnata, accetta. Il giorno fissato per il matrimonio deve presentarsi alla tal ora per la cerimonia. Ma, invece di girare per la chiesa, sale nel punto più alto del castello e si lancia nel vuoto. Pensa che il suo corpo non è mai stato ritrovato…”.

Proprio una brutta storia… Ma sarà anche vera storia? La tradizione, sì, non ha dubbi che sia realmente successa.  La Storia (quella con la “S” maiuscola), invece, tace.

La raccontava mia bisnonna. Così come diceva che in certe notti si poteva sentire un piagnucolio femminile. Però io non conosco nessuno che abbia personalmente udito qualcosa di strano. Forse si tratta semplicemente del vento che spesso sibila fra rocce”, prosegue un’altra guida.

Esce un’altra vicenda misteriosa, non meno inquietante. “Negli anni Quaranta viene riaperto un passaggio segreto, che porta alla luce un mucchio di ossa. Ora penso riposino nel vecchio cimitero, posto molto più in basso a dove siamo ora. Di chi sono? Nessuno lo può sapere, ma tutti pensano alle storie di quelle ragazze invitate al castello e poi scomparse. Anche in questo caso manca una documentazione storica ad avvalorare i fatti, ma <si dice> che le sparizioni risalgano anch’esse al Settecento”, continua la medesima guida.

Alla fine, uscendo dal castello e facendo un giro nei dintorni, esce un’altra storia da brividi.

È quella ambientata nel tal casale, dove “qualcuno” si divertirebbe a rosicchiare i piatti o a spiaccicare i mandarini contro i vetri (dal lato interno, ovviamente), così come a far patire improvvise folate di vento gelido. Almeno, a voler dar retta a quella coppia di giovani sposi che lo abita e che ce la sta raccontando…