Correggio (Reggio Emilia), la saponificatrice… per amore

di Stefano Panizza

Se è vero che il borgo di Correggio deve la sua fama al pittore omonimo, non da meno, e suo malgrado, è piuttosto noto anche per fatti di cronaca nera.
Eh… sì, perché ha vissuto le vicende della celebre Leonarda Cianciulli (1894-1970), passata alla storia come “la saponificatrice di Correggio” per avere assassinato e sciolto nella soda caustica tre donne (ma non per farci del sapone, come viene istintivo pensare).

Ma chi è questa famigerata serial killer?

Ultima di sei figli (e forse nata da una violenza carnale), è epilettica e donna di scarsa istruzione, avendo frequentato solo la terza elementare, ma poi divoratrice di libri di magia e spiritismo, probabilmente sconvolta dalle parole di una zingara che le predice la morte premature dei figli (che, effettivamente, fra aborti spontanei e decessi nella culla arriveranno a ben tredici). Ed è pure maldetta dalla madre in punto di morte, per aver sposato un uomo non gradito alla famiglia. Almeno, così si dice. In realtà, è difficile separare quanto viene diffuso ad arte dai suoi avvocati, e da lei stessa, e quanto c’è di vero.

Pochi dubbi, invece, sul fatto che sia una donna di facili costumi, impulsiva, ribelle all’autorità del marito e dedita alla truffa. Tanto che finisce in galera per parecchi mesi. Questo, a dire il vero, succede in Lucania, dove vive inizialmente con la famiglia. Perché a Correggio, dove poi si trasferisce, ha invece la nomea di donna e madre esemplare, anzi di una fervente fascista (siamo nel Ventennio). E nella sua generosità offre spesso dolci a chi va a farle compagnia (tanto da essere soprannominata “la signora delle torte”), come quelle tre donne sole e non più giovani che poi faranno una brutta fine.

Ed è, appunto, in questo periodo che matura lo scellerato piano. In pratica, visto che Giuseppe, il figlio primogenito e prediletto, viene richiamato alle armi, decide di rivolgersi alle pratiche magiche per impedire che gli accada qualcosa di grave. Quindi, prende la drastica decisione di compiere sacrifici umani da offrire a potenze arcane e superiori, in cambio della vita del figlio (in realtà, cambierà la versione della storia, come vedremo alla fine).

Ma si sa, il delitto perfetto non esiste. È così i sospetti per la sparizione delle tre donne cadono subito sulla Cianciulli, perché la loro apparente amicizia è l’unico denominatore che le lega.

Alla fine, confessa gli omicidi e di aver bollito i loro corpi in un pentolone di soda caustica a trecento gradi. E quanto non viene cotto? Un po’ finisce in un pozzo nero, il rimanente non si sa, mentre il sangue, mischiato a latte e cioccolato, si trasforma in un succulento ingrediente per torte e biscotti. Che vengono dati da mangiare al figlio (ma non solo), nel rituale salvifico previsto dal rito magico, forse in un richiamo alla dea Teti, che aveva reso i figli immortali bagnandoli nelle acque del fiume Stige.

Al processo, la Cianciulli, che appare a tutti come una donna istrionica e manipolatrice, viene giudicata colpevole di triplice omicidio, distruzione di cadavere tramite saponificazione e furto aggravato. E quindi condannata ad una pena pecuniaria e a trent’anni di reclusione, di cui tre da scontare in un ospedale psichiatrico. Ma, come mi suggerisce una signora di Correggio che incontro in paese e a cui chiedo informazioni sui fatti, “non prima di aver passato un po’ di tempo in quella cella che una volta c’era a La Rocchetta, oggi ostello”.

Ed è la medesima signora a svelarmi un particolare curioso. “Come saprà, alla Cianciulli piaceva fare delle torte, che poi offriva alle persone. Pensi che anche mio padre ne mangiò diversi bocconcini. E mi diceva che erano davvero buoni… quando mi viene in mente…”.

A questo punto, e al di là dei fatti di cronaca, occorre rispondere ad una semplice domanda: cosa passò nella testa della donna, a cui certo la fantasia non mancava, per fare una mostruosità del genere?

Ora, in tribunale l’accusa cercò di far passare la tesi che la Cianciulli avesse agito per avidità, cioè per rubare denaro e valori alle proprie vittime, ovviamente in un contesto psicopatologico.  

Ma la donna sostenne sempre che i suoi omicidi erano colpa della madre (o di una Madonna nera, ci sono versioni contrastanti delle sue dichiarazioni), che apparsale in sogno, l’aveva minacciata di prendersi le vite dei suoi figli se in cambio non avesse versato sangue fresco e innocente (una variante, pur sempre “magica”, di quella storia fornita in un primo tempo e citata all’inizio).

Così come rimane il dubbio che lei, donna piccola e minuta, abbia davvero fatto tutto da sola, cioè senza complici, come ogni volta dichiarato. E pure che in realtà si sia inventata un sacco di storie allo scopo di passare per pazza ed evitare la pena di morte. Così come che il vero scopo degli omicidi non fosse quello assecondare improbabili regole di magia, ma piuttosto derubare le vittime per arrotondare gli scarsi introiti della famiglia.

Rimane un’ultima curiosità da soddisfare. Ma dove si trova la famigerata casa della Cianciulli?

Una volta avute le giuste indicazioni (e di questo devo ringraziare la correggese Alfa), risulta facile trovarla. È al terzo piano di quella palazzina dalle imposte granata che si trova a fianco del teatro. Mi chiedo se chi ora ci abita (mi dicono degli “stranieri”) è al corrente del suo sinistro passato…