La misteriosa Tana della Mussina ad Albinea (Reggio Emilia)
di Stefano Panizza
Trovarla in solitaria senza esserci mai stati, può essere un problema. Anzi, un grosso problema. Stiamo parlando della famigerata “Tana della Mussina”, tanto famosa quanto completamente ignorata dai cartelli segnaletici. Almeno, a voler percorrere una delle due strade possibili, quella più rapida e più impegnativa. Sì, è vero, all’inizio del sentiero c’è una mappa della zona. Ma è l’unico indizio, di cui magari non si tiene conto nel momento in cui si sono chieste indicazioni, che paiono chiarissime, a chi abita la zona (“prima incontrerà la Mussina e poi il castello”). Se si considera, poi, che nel paese di Borzano manca qualunque tipo di informazione (se esiste, mi è sfuggita) che porta all’inizio del percorso, ecco che le difficoltà aumentano, e non di poco.
Cercherò, dunque, di dare un aiuto concreto a chi voglia raggiungere la misteriosa grotta (perché misteriosa lo è davvero) scegliendo il percorso da me battuto.
Allora… per chi proviene da Reggio Emilia occorre attraversare il paese e dirigersi per il torrente Lodola, abbandonando la strada principale e temendo la sinistra che tende a scendere. Conviene lasciare l’auto dopo poche centinaia di metri e proseguire per lo sterrato, sempre di sinistra, che porta al modesto corso d’acqua. A quel punto, e senza attraversarlo, si prenda il ripido sentiero sulla destra che, senza possibilità di errore e dopo una ventina di minuti, porta al castello.
Ecco… qui occorre fare attenzione. Perché, pochi metri prima di ritrovarselo sulla sinistra, si deve affrontare un bivio, con lo sterrato di destra che scende dolcemente. Occorre seguire quest’ultima indicazione. Così facendo, dopo un centinaio di metri, si incontra un secondo crocevia. Tenere nuovamente la destra. La Mussina vi aspetta dopo pochi metri, sulla sinistra (inutile dire che, inizialmente, ad ogni bivio sono andato dalla parte sbagliata…).
E dopo questo servizio alla “Google Maps”, vediamo di parlare della misteriosa grotta.
Il primo ad esplorarla nella seconda metà dell’Ottocento fu don Antonio Ferretti, della parrocchia di San Ruffino di Scandiano. Vi ritrovò manufatti e ossa umane. Successivamente, Gaetano Chierici riportò alla luce resti di animali e di diciotto individui parzialmente bruciati. Dal che dedusse che fu utilizzata fin dalla preistoria (III millennio a.C.) come luogo di sepoltura e anche per sacrifici umani e banchetti cannibalici. In realtà, probabilmente, si tratta solamente di una grotta sepolcrale dove venivano lasciati i defunti dopo essere stati parzialmente cremati.
Comunque sia, ad essa sono legate due leggende.
La prima, racconta che il signore del vicino castello s’innamorò di una bella contadina di nome Mussina. E che prima la sedusse e poi la cacciò. A quel punto, la ragazza non seppe dove andare perché tutti gli abitanti del paese la rifiutarono. Per questo si rifugiò nella buia caverna. E qui diede alla luce il bambino, figlio dell’amore forzato. Ma che uccise poco dopo, immaginando per lui un crudele destino. Tutto finito? Mica tanto… perché armata più di disperazione che di coraggio entrò nel castello e sgozzò l’odiato amante. Poi, si gettò nel vuoto…
Il castellano, moribondo, arrancò brancolando nel buio, ma morì poco dopo pure lui, insanguinando il muro con l’impronta delle mani. E la tradizione vuole che, per quanto si cercasse di pulire dal muro le macchie di sangue, esse non scomparissero mai. Anzi, che si allargassero sempre di più.
La storia prosegue raccontando che ancora oggi si possano udire l’abbaiare dei cani e le risate dei cavalieri di quei giorni lontani. E che, al sorgere della luna, potrebbe capitare di cogliere un fantasma che sorregge una luce e che s’inginocchia davanti alla caverna. A chi ha vista acuta non sfuggirebbero le sue lacrime. È l’ombra della Mussina che piange il figlio che ha ucciso con le sue stesse mani.
La seconda leggenda, invece, parla di una Mussina in veste di guerriera e votata alla causa di proteggere i giusti e gli indifesi. E salvò anche Isotta da Borzano, una bella ragazza di Borzano, dalle voglie di Ramorra, un uomo violento che viveva nel castello. Successe che, ad un certo punto, tale gaglioffo decise di rapire Isotta e di nasconderla nel maniero. Ma la fanciulla riuscì ad avvisare il suo fidanzato, che si precipitò al castello con i suoi amici e ammazzò il Ramorra, rimanendo a suo volta ucciso cadendo in un pozzo.
A questo punto cosa accadde? Che corse in suo aiuto un cavaliere amico della Mussina, il quale la condusse nella grotta dove visse felice con la sua salvatrice. Una leggenda articolata, non c’è che dire.
A questo punto, non mi rimane che affacciarmi a questo misterioso antro. Ma di entrare non se ne parla. Perché non è prudente addentrarsi da soli in un ambiente potenzialmente ostile. Il percorso, infatti, che so svilupparsi in un saliscendi a forma di “ipsilon” per parecchie decine di metri, è continuamente ostacolato da massi di vari dimensioni, in un contesto buio e con un alto tasso di umidità che rende l’aria malsana e le pietre scivolose. E, poi, la grotta è sicuramente il rifugio di pipistrelli e forse anche di altri animali, come serpenti. Perché disturbarli?
Ma il vero motivo è un altro… perché mi chiedo, quando la Mussina non si presenta in forma di fantasma davanti alla grotta, dove sta? Una risposta ce l’avrei…