Misteri a Borgo Val di Taro (Parma)
di Stefano Panizza
Si sa, le notizie più insolite e curiose escono dalla bocca della gente. Come da quella signora che gestisce una trattoria nel centro del paese.
“Sotto al paese c’è una gruviera di gallerie. E non è un caso che nella mia cantina ci siano un paio di porte murate che, secondo i miei nonni, facevano accedere proprio a quei tunnel. Già, ma dove portavano? Secondo una leggenda che circola da tempo al Borgo, il più importante partiva dal castello, che qui un tempo sorgeva, ed arrivava fino a quello di Compiano, distante, a dire il vero, parecchi chilometri.
A proposito del castello, non è facile intuire che si tratta di quella costruzione massiccia e quadrata posizionata a fianco della chiesa. È Palazzo Tardiani, di nascita Cinquecentesca ed in passato anche con funzione di ospedale, cioè fino alla prima metà del Novecento, pare gestito dalla Confraternita dei Disciplinati”.
Faccio qualche ricerca. Sembra che il primitivo castello sia stato costruito nel 1200, realizzato dal Comune di Piacenza. E quello che non distrusse il tempo, venne demolito dagli uomini del secolo scorso, per far posto ad altre costruzioni. In realtà, pare che l’unica cosa originaria del vecchio maniero sia una tozza torre quadrata presente dall’altro lato della chiesa. Però, è possibile che il Palazzo citato facesse parte del castello o sia stato costruito con le sue pietre.
La gentile donna riprende a parlare.
“Nella chiesa di San Cristoforo, sono custodite delle tombe scoperte non tanti anni fa. Le hanno ricoperte con delle lastre di vetro, quindi si può dare un’occhiata al loro macabro contenuto”.
Purtroppo la chiesa è chiusa, come ampiamente previsto (con la “globalizzazione” i furti sono aumentati a dismisura ed i parroci, giustamente, non vogliono correre rischi). Ma un pannello illustrativo si rivelerà piuttosto interessante.
Fu edificata dai monaci di San Colombano (quello di Bobbio) attorno al X secolo, sopra ad un antico luogo di culto pagano. Rappresentava un punto di riferimento per i viandanti che, dalla pianura, volevano arrivare a Pontremoli e proseguire per Roma. La chiesa, infatti, è posta lungo una strada alternativa e parallela alla più famosa via Francigena.
Ma la parte più intrigante è un bassorilievo raffigurante un capro dalle lunghe corna, custodito al suo interno. Probabilmente, si tratta di una rappresentazione del diavolo, tipica dell’Alto Medioevo, sul modello di una divinità pagana, il satiro Pan. Ma, sia sa, un tempo la commistione fra l’antica religione e quella cristiana era frequente, specialmente nei piccoli borghi sperduti nelle campagne o fra i monti. Insomma, poteva nascere una religione “fai da te”, che univa il vecchio al nuovo. Quindi, l’immagine del caprone, era sicuramente un richiamo al Male di cattolica memoria ma, forse, pure un omaggio al valore protettivo che rivestiva nelle stalle. Questa, infatti, era l’interpretazione che dell’animale davano il paganesimo e la tradizione popolare. Si diceva, infatti, che allontanasse gli influssi negativi.
Nella zona si trova anche una curiosità naturale, chiamata il “Pozzo del Saracino”. Tecnicamente, si tratta di una “marmitta fluviale”, creata dal Rio Termi. In pratica, nel corso dei millenni, lo scorrere dell’acqua, facendo mulinare ciottoli di varie forme e dimensioni, ha finito per creare una cavità circolare. Vien da chiedersi il perché del suo nome curioso. Potrebbe essere collegato alla figura del pupazzo girevole della “Giostra del Saracino”, gioco medievale che ogni anno si svolge ad Arezzo. Insomma, la corrente del Rio fa girar le pietre come i cavalieri il fantoccio.
Prima di allontanarmi dalla chiesa, chiedo informazioni ad un signore che passa nei pressi.
“Sì, il pavimento in pietra è interrotto da alcune vetrate che permettono di dare un’occhiata a quello che sta sotto. Si vedono le vecchie fondamenta ed i resti di una o più antiche sepolture, non ricordo bene. E, poi, una volta c’erano delle pietre con incisi il sole e la luna. Credo che le abbiano distrutte…”.
Ritorniamo alla “nostra” donna della trattoria, che conclude la sua chiaccherata.
“Interessante è anche la chiesa di Rovinaglia. Lì c’è una curiosità: il campanile è ben staccato dalla chiesa e pare sia stato costruito ben prima di quest’ultima. Il che non ha molto senso…”.
Arrivo alla insolita coppia di edifici quando il cielo si sta coprendo di nuvoloni, gonfi di pioggia. In effetti, l’apparenza è curiosa. Purtroppo non c’è in giro nessuno a cui chiedere informazioni. Solo un cane in lontananza, con il suo abbaiare lamentoso, fa sapere che, almeno lui, “c’è”.
Ma la separazione della torre campanaria dalla chiesa è davvero così inconsueta?
In generale, no. Perché i campanili si rifanno alle torri di fortificazioni romane, costruite accanto (cioè, non unite) alle prime basiliche cristiane. E questa tradizione si protrasse nei secoli (si pensi al campanile di Giotto, a Firenze). Ed il motivo di questa separazione potrebbe avere una motivazione molto pratica. Le vibrazioni generate dai rintocchi delle pesanti campane, infatti, potrebbero danneggiare la struttura stessa della chiesa. Quindi, meglio tenere ben separati i due edifici. Insomma, almeno questa volta, il mistero sembra non esserci…